mercoledì 1 ottobre 2008

Conoscere un tanzaniano

Lunedì ho accettato un passaggio da un tizio conosciuto per la strada, cosa che non avrei mai fatto in Italia. Mai. (Anche se ho fatto l'autostop in Italia!). Credo che abbia a che fare con il bisogno di misurarmi con le persone del posto. Ho bisogno di conoscere dei tanzaniani, ma all'ambasciata è impensabile, e all'ostello non capita nessuno, a parte quelli che ci lavorano. Ho deciso che volevo vivere per un po' in un Paese africano perché volevo conoscere la cultura del posto, che vuol dire conoscere persone! E adesso sono qui da due settimane e non conosco nessun tanzaniano a parte lo staff dell'ostello. Avrei dovuto aspettarmelo (sì, anche questo!) perché anche dai 9 mesi di Erasmus in Francia ho ricavato solo 2 amiche francesi, che poi comunque ho perso (mentre mantengo quella con una ragazza italiana conosciuta lì). Bisognerebbe tirare le giuste somme dalle proprie esperienze ma sembra che mi sia un po' difficile. E così ho parlato con un tanzaniano e ho accettato un passaggio da una persona che mi è sembrata affidabile. E di fatto lo è stata: non mi ha importunato, molestato, niente di invadente né imbarazzante. Due chiacchiere in auto sulla Tanzania, sul lavoro, la corruzione, la disoccupazione. Qual è la differenza tra lo stare a casa propria e leggere gli indici di corruzione che trovi su Internet e stare qui senza conoscere la gente del luogo? Probabilmente ho fatto una cosa stupida, e probabilmente non la ripeterò, ma devo ancora trovare un modo per entrare nel loro mondo, e stare chiusa in ostello tra soli bianchi non è la soluzione. Se dovessi spendere i prossimi due mesi e mezzo in questo modo, tanto valeva stare a casa a guardare i documentari in televisione.
Due ragazzi del posto dicono che Dar è troppo frenetica (cosa che può sembrare ossimorica qui in Africa!) e nessuno si ferma a chiacchierare davvero con uno mzungu (bianco), anche perché non siamo pochi! Per trovare il vero volto tanzaniano bisogna uscire e passare per i villaggi. Lì puoi davvero riconoscere l'ospitalità e disponibilità locali. Vedremo. Bisognerà che esca da qui comunque. Ma il fatto che noi bianchi siamo visti come delle banconote con le gambe sembra essere una realtà condivisa. Almeno per quanto riguarda Dar. 
Alle volte nei dala-dala mi sento a disagio. Come se fossi in uno dei loro mezzi super-economici (300scellini=20centesimi di euro, per una decina di chilometri) alla faccia loro e non ne avessi il diritto. Tutti ti guardano e magari non si spiegano perché non prendi un taxi (10.000scellini=6euro) o al limite un bagiagi (5.000scellini=3euro). Ma sei lì a rubare spazio a loro. Anche perché lo spazio qui è una realtà da rivendicare o da guadagnare. O ti guardano semplicemente perché sei bianco.

La luce del mattino è di una limpidezza allarmante, l'occhio non riesce a credere e sembra che non ci siano barriere tra te e il mondo. Come una visione perfetta. I contorni delle foglie, dei tronchi, sono così netti contro un cielo così assolutamente azzurro che fa un po' impressione. E i cieli sono davvero più grandi quaggiù. Sarà che non esiste l'illuminazione stradale, e le case alte sono una rarità che si trova solo nel centro di Dar. Ma quando alzi gli occhi di notte vedi questo cielo così grande, che è come se avesse recuperato le sue tre dimensioni. Come se a guardarlo di solito fosse un soffitto e da qui lo ricontempli intero! Sarà che ci sono sempre grosse nuvole in movimento e il cielo si fa più grande in prospettiva. Ma c'è una bellezza sfacciata nella luce e nel cielo. Forse anche per questo i tanzaniani non si sentono in obbligo di rendere altrettanto belle le loro città. 

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